8 Marzo: emancipazione passiva e/o attiva
La mia presenza a Scampia caratterizzata da una maggiore presenza tra la gente nella quarta età, dopo il periodo dell’insegnamento e della ricerca, mi ha riconciliato con il mondo femminile che tra l’altro come osservava una giornalista appare preminente per le strade e le piazze del quartiere e denota una condizione femminile di strati di popolazione. Ogni mattina, recandomi alla Chiesa, incontro le madri dei vicini Lotto N e P che con i loro colorati zainetti accompagnano i figli a scuola, comprese madri rom che scendono dal vicino “Campo nomadi” di via Cupa Perillo. Davanti alla vicina posta stazionano nei primi quindici giorni del mese parecchie donne anziane per ritirare la pensione.
Senza indebite generalizzazioni, posso dedurre da questi incontri della vita quotidiana che appare preminente la figura della donna madre e madre di famiglia, che certo non è un disonore, ma fa riflettere su una condizione femminile “familista” che trova un’icone nella figura di Maria, Madre di Dio oggetto di grande devozione. Dal Lotto P maggiormente ricorrono anche alla Chiesa donne alla ricerca di lavoro, per l’occupazione precaria dei loro mariti quando non sono in carcere. Una presenza femminile si ritrova tra le insegnanti degli istituti scolastici viciniori, nella Ludoteca “Il giardino dai mille colori” animata da un dall’intraprendente Suor Edoarda, in diverse associazioni che operano per l’animazione sociale e culturale di bambini e ragazzi. Senza dimenticare le catechiste che operano nella Rettoria “S.Maria della Speranza”.
A partire da questo microcosmo con gli incontri della vita quotidiana, che però lascia inesplorato il backstage della vita interna alle famiglie con le diverse dinamiche tra i coniugi, genitori e figli, e delle relazioni con il mondo sociale circostante, si possono formulare alcune osservazioni di carattere più generale. La prima, la condizione della donna è stratificata non solo in riferimento all’abitazione in Lotti di edilizia popolare o in Parchi privati secondo le condizioni economiche e sociali, senza trascurare le condizioni di sopravvivenza delle donne Rom dei vicini campi fuori dalla stratificazione sociale. che denota diverse opportunità di vita o “comunità di destino” secondo il linguaggio di Weber per i diversi strati sociali. In secondo luogo, non è una scoperta, donna si diventa secondo i diversi percorsi di socializzazione espliciti o impliciti nella famiglia e nei gruppi sociali di appartenenza, basti osservare la crescita delle adolescenti modellata dagli orientamenti ricevuti in famiglia ma non solo che riguardano il modo di essere e di comportarsi da donne. In terzo luogo, anche la popolazione di Scampia non è al di fuori dei grandi processi consumistici e mediatici, si osservi per esempio il totale adeguamento delle donne negli ultimi anni ai canoni della moda nel vestire, naturalmente low costs secondo le possibilità economiche, e l’uso generalizzato dei cellulati per comunicare o sentire la musica.
Non avendo ricette per promuovere la condizioni femminile senza ricorrere a slogan o termini in voga, che naturalmente mi sta a cuore, si può ricorrere alla distinzione utilizzata nella recente ricerca dello storico dell’economia Emanuele Felice “Perchè il Sud è rimasto indietro” (Il Mulino, Napoli 2014) tra una modernizzazione passiva del Mezzogiorno, di carattere esogeno, ed una modernizzazione attiva attribuita a forze endogene del territorio. Si può parlare di una emancipazione passiva delle donne dovuta ad interventi e forze esterne pur necessari – cioè al corredo di opportunità e servizi sociali da mettere a disposizione delle famiglie – ed un’ emancipazione attiva derivante dal potenziamento delle proprie potenzialità e capacità non solo per dinamiche di empowerment ed autostima. Soccorre in proposito un’espressione che campeggia nel salone di “CasArcobaleno” (animata dalla cooperativa Occhi Aperti) , gestita dai Fratelli delle scuole cristiane di Scampia per i ragazzi del quartiere: IO VALGO! Richiama le donne non solo ad una autostima, ma ad un intima consapevolezza della propria consistenza e dignità (“Io sono”, secondo il linguaggio biblico), della missione nella famiglia, nella società e nella stessa chiesa. Emancipazione attiva da vivere cooperativamente nei rapporti tra coniugi e nella più ampia famiglia, anche con qualche manifestazione in più di tenerezza oltre al sostanziale rispetto dell’Altra o dell’Altro.
Domenico Pizzuti (da Pensieri in Libertà – http://domenicopizzuti.blogspot.it/)
Napoli, 7 marzo 2014
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