Trento. Sentirsi un fuscello piantato in un campo arato
Cosa significa lavorare per la giustizia e operare nel sociale per la Compagnia di Gesù? La pedagogia ignaziana può essere applicata al lavoro sociale e come? Sono alcune domande che hanno ispirato l’idea di un percorso-laboratorio di formazione per coloro che ricoprono incarichi di responsabilità nelle opere impegnate nel sociale della Compagnia e aderenti alla rete del Jesuit Social Network. Un’esperienza nuova che ha riunito a Trento, presso Villa S.Ignazio, 40 “quadri” delle 39 realtà aderenti alla rete, per quattro giorni, a fine ottobre. Una proposta che il JSN ha voluto sperimentare e cha ha riscosso un interesse e un’adesione inaspettati, a conferma di un bisogno sempre più pressante, per chi si trova in prima linea nel lavoro sociale, di spazi di rilettura e di confronto, a partire da un metodo e un’ispirazione.
“Assumere incarichi di responsabilità nel sociale significa spesso rinunciare al contatto diretto con le persone e essere capace di fare sintesi fra input diversi perché, chi si trova in prima linea possa farlo al meglio e abbia la possibilità di portare al centro le storie delle persone che incontra”.
Questo il punto di partenza che ha ispirato la proposta e che ha dato il via al corso.
Guidati da un’equipe formativa di due laici e due gesuiti, il gruppo proveniente da tutta Italia, ha ripercorso le tappe fondamentali del paradigma pedagogico ignaziano: contesto, emozioni, sedimentazione, azione e verifica, vivendole direttamente e ricostruendole gradualmente nei quattro giorni di lavoro. Alternando momenti di riflessione personali, input teorici e esperienziali e confronti in gruppo e in assemblea, ciascuno è stato al tempo stesso attore e fruitore del percorso. Un itinerario, attraverso il quale rileggere la propria esperienza nel lavoro sociale nella duplice dimensione, quella personale e quella “istituzionale” come ente o associazione di appartenenza, ricostruendo un percorso e un modello di essere presenti nelle realtà e con le persone che è proprio della pedagogia di S.Ignazio. Il contesto ci interroga e, soprattutto per chi opera a stretto contatto con la sofferenza, è motore di emozioni e sentimenti forti e a volte contrastanti. Come individuare una risposta personale e come istituzione che opera nel sociale che abbia coerenza e che generi coerenza prima di tutto all’interno della persona e che poi si rifletta all’esterno nell’incontro con le persone?
“La nostra missione è quella di oltrepassare continuamente un confine per raggiungere le persone”,
avere un tempo e degli strumenti di rilettura, di scoperta e riscoperta delle contraddizioni, dove individuare orizzonti di senso e coerenza diviene allora un luogo privilegiato del lavoro sociale. Per sentirsi “fuscelli piantati in un campo arato”.
Daniele Frigeri
Condividi