A fianco di De Masi e di chi lotta contro la ‘ndrangheta
Antonino De Masi e la sua famiglia fanno impresa da 60 anni, in una delle aree più calde e pericolose d’Italia: la Piana di Gioia Tauro, producendo e brevettando macchine e tecnologie per la raccolta delle olive, presenti da decenni sui mercati di tutto il mondo.
Ma De Masi è anche sinonimo della prima azienda in Italia che, oltre 25 anni fa, per protestare contro l’aggressione criminale ha chiuso le fabbriche, portando il fenomeno all’attenzione dei media. Lo hanno fatto, in passato come oggi, sempre denunciando ogni forma di aggressione subita dalla ‘ndrangheta; una resistenza, che dura da oltre 40 anni, periodo storico nel quale le Istituzioni e la Società Civile, oggi sensibili al problema, spesso e volentieri si giravano dall’altra parte, o convivevano con l’antistato.
L’azienda De Masi rappresenta una faccia pulita della Calabria, con tecnologie avanzate che sono sinonimo di modernità, ed è figlia della cultura e della dignità di chi sa dire no alle aggressioni criminali, in un contesto socio economico nel quale la criminalità ha normalizzato tutto, ove anomalo, diverso è chi opera nel rispetto delle leggi.
Per tutto questo De Masi e la sua famiglia sono stati marginalizzati a tutti i livelli, essendo giudicati infami per aver sempre denunciato tali soprusi. Diverse le battaglie di legalità intraprese. Nella sua fase d’espansione industriale, alla fine degli anni 90, oltre alle aggressioni criminali De Masi denunciò il reato di usura bancaria, che diverse sentenze della magistratura hanno riconosciuto.
Ma tutto ciò è costato all’imprenditore e alla sua famiglia anni di enormi sacrifici per cercare di arrivare vivi ad ottenere giustizia, trovandosi marginalizzato da un punto di vista economico, sociale e creditizio (linfa vitale per un’attività industriale).
Ultimo grave atto intimidatorio, la sera 12 aprile u.s. che, a differenza degli attentati criminali del passato, rappresenta un innalzamento del livello dello scontro. I 44 colpi di Kalashnikov contro la facciata dei suoi capannoni e due proiettili a terra inesplosi, nel gergo ‘ndranghetista, significano che il prossimo obiettivo potrebbe essere la vita. Di fronte a questa gravissima aggressione De Masi, inizialmente colto dal desiderio di gettare la spugna, ha reagito, affermando pubblicamente: Sono pronto, come fatto in passato, a combattere questa battaglia, consapevole che una mia sconfitta avrebbe forti messaggi negativi per la mia terra; io voglio andare avanti perché si sta combattendo una lotta per la liberazione di questa terra dal potere criminale. Farò la mia parte, so quello che mi compete e, continuando a lavorare e non facendomi condizionare, credo di rispondere in maniera chiara e forte. Continuerò nel mio lavoro, spero però che quello Stato che m’ha chiesto di continuare a combattere sia consapevole del prezzo che sto pagando e faccia la sua parte.
Il giorno 2 maggio, su iniziativa di Libera e dell’Osservatorio sulla ‘ndrangheta, insieme ad alcune centinaia di persone, anche il movimento ReggioNonTace ha partecipato a una lunga catena umana intorno all’azienda di Nino De Masi. Un gesto per testimoniare il sostegno, ma anche per esprimere – mettendoci esplicitamente la faccia – il nostro impegno a R-Esistere accanto a lui contro il cancro della ‘ndrangheta. Nell’occasione, presente insieme ad altri rappresentanti delle Istituzioni, il nuovo procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho ha mandato un chiaro segnale: «Sappiano che chi tocca De Masi e altri come lui tocca uno di noi e allora sarà guerra, guerra dura che lo Stato intraprenderà con le armi della giustizia e non ci sarà nessuno che sarà indenne dalla nostra reazione».
Il Jesuit Social Network (rete nazionale delle attività sociali dei gesuiti in Italia) e la Provincia d’Italia della Compagnia di Gesù, si uniscono a questo gesto di solidarietà personale a de Masi, affinché la sua situazione e quella di coloro che in provincia di Reggio stanno lottando contro la ‘ndrangheta, riesca a oltrepassare i confini locali e ricevere il sostegno della Società Civile di tutto il Paese.
Jesuit Social Network Italia Onlus – www.jsn.it
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